CHE COS’E’ UN CANTANTE LIRICO?
Innanzitutto, oltre ad essere un artista, è un operatore culturale, o meglio: un ambasciatore nel mondo della cultura e della lingua italiane. Sarà bene ricordare che l’Opera nasce in Italia, è una nostra invenzione, e che la maggior parte del repertorio rappresentato ancora oggi nel mondo consiste in opere di compositori e librettisti italiani. Per questo piange il cuore quando si pensa che il catalogo Ricordi, che include opere di Rossini, Verdi, Donizetti, Puccini (solo per citarne alcuni) sia stato a suo tempo svenduto a una multinazionale tedesca (ora giapponese) senza che lo Stato abbia mosso un dito per salvarlo.
PERCHE’ UN AMBASCIATORE CULTURALE?
Perché molte persone in tutto il mondo si avvicinano alla nostra lingua proprio grazie all’opera lirica, e incuriositi dalle parole dei nostri libretti cominciano ad avere il desiderio di conoscere meglio il modo in cui noi italiani ci esprimiamo. O meglio: ci esprimevamo. Ora ci esprimiamo con le k, con un gergo da sms, con un vocabolario di mille parole (quando va bene) e con una padronanza delle coniugazioni verbali che chiamarla sfilacciata sarebbe farle un complimento.
DUNQUE LO STATO DOVREBBE SOSTENERE MAGGIORMENTE L’OPERA LIRICA?
Senz’altro, almeno nella misura in cui sostiene il resto del suo patrimonio culturale, come quello museale, paesaggistico o artistico, con il plusvalore di mantenere in vita una forma di spettacolo nata in Italia e che resta italiana fino al midollo.
E INVECE?
E invece veniamo sostenuti come il resto del patrimonio culturale, museale e artistico: molte parole, pochi fatti, tanta rovina, molto disinteresse. A chi ci governa, da sempre, sembra sfuggire il carattere identitario dell’opera lirica, ma va bene anche così: se riusciamo a resistere in tanto sfacelo è segno che il materiale su cui lavoriamo è eterno e a prova di bomba.
MA I COMPENSI FARAONICI AI CANTANTI?
Non diciamo assurdità: in un mondo in cui il primo coglione senza talento sfornato dalla televisione prende diecimila euro l’ora per limitarsi a sorridere graziosamente in una discoteca, pagare (molto meno) un cantante per una serata intera di spettacolo non mi pare sia una cosa scandalosa. In più aggiungiamoci che il nostro mestiere non gode di ammortizzatori sociali, non abbiamo tredicesima, quattordicesima e ferie pagate, non abbiamo un sindacato che difenda i nostri diritti, raramente riusciamo a maturare la pensione, e la voce può anche andarsene da un momento all’altro…oppure il gusto del pubblico può cambiare e puoi ritrovarti a casa senza preavviso per il resto della vita. Inoltre un cantante lirico lavora sempre con enti statali e parastatali, e anche all’estero è soggetto a leggi precise che ne regolano la tassazione: va da sé che ogni euro incassato da un cantante residente in Italia viene dichiarato al fisco. Non so quanti altri liberi professionisti possano dire altrettanto.
MA PERCHE’ SI DOVREBBE ASCOLTARE L’OPERA LIRICA NEL TERZO MILLENNIO? NON E’ UNA FORMA D’ARTE OBSOLETA?
L'Arte non è mai obsoleta. L'Opera non fa eccezione: è viva e vitale. Le trame delle opere sono costruite sui sentimenti, e i sentimenti e le loro interazioni non sono cambiati dall’alba dell’uomo ai giorni nostri.
MA PERCHE’RACCONTARE UNA STORIA CANTANDO?
Perché la musica, dai tempi dei Greci in avanti (ricorda gli aedi e i rapsodi?), dà forza alla narrazione e le regala universalità. Del resto, anche i musical, anche le canzonette raccontano storie in musica e nessuno se ne lagna. Noi però le raccontiamo senza microfono, senza aiuti tecnici, senza correttori elettronici dell’intonazione, sempre dal vivo. E anche per questo trovo che le lamentazioni sui supposti compensi faraonici ai cantanti siano senza senso: si guadagna meno di un cantante pop, si fatica il triplo. E non incassiamo nessun diritto d’autore o d’esecuzione.
PERO’ , SIA SINCERO: LE PAROLE NON SI CAPISCONO.
Colpa di certi colleghi che blaterano quando cantano. Le parole della Callas, della Scotto, di Domingo, della Dessì, della Devia e di molti altri colleghi (me incluso) si capiscono tutte. Poi è ovvio che se la poetica ottocentesca mi obbliga a usare parole di cui nessuno conosce il significato la colpa non è mica mia, ma della scuola che sforna gente al limite dell’alfabetizzazione: basta dare un’occhiata a una qualsiasi pagina di facebook o di yahoo answers e ci si rende conto che gli errori di grammatica (quelli per cui la mia maestra dava da riempire paginette di quaderno fino a che non ci correggevamo) non si contano. E quindi non mi meraviglio se c’ è gente che non capisce cosa voglia dire “atro” o “ricusare”: hanno serie difficoltà con le acca del verbo avere!
CHE CONSIGLIO DAREBBE A UN GIOVANE CHE VOLESSE FARE IL SUO MESTIERE?
Anzitutto di chiedersi perché vuole farlo. Se la risposta fosse diversa da “perché non posso vivere senza cantare”, allora è il caso di lasciar perdere da subito. Appurato questo, gli consiglierei di studiare sempre, di non accontentarsi mai e di trovare un maestro che lo lodi pochissimo e gli dica spessissimo dove sbaglia. Inoltre raccomanderei di tenere a mente che, mentre uno strumentista può comperarsi uno strumento, noi SIAMO il nostro strumento, anima, corpo e mente. Tutte e tre queste cose vanno nutrite, nel modo che si preferisce. Un cantante idiota che non legga, non ascolti musica fatta da altri, non espanda i propri orizzonti culturali rischia di diventare solo un riproduttore di suoni, il che va benissimo e spesso piace anche a una parte del pubblico, quella che meno pensa e più va a casa rassicurata: ma un artista è un’altra cosa.
COME SI DIVENTA CANTANTI LIRICI?
Oh, non lo si diventa: bisogna esserci nati. E’ la nuda, cruda, selettiva verità. E aggiungerei: grazie al cielo. In una società in cui chiunque si improvvisa, sapere che esiste almeno un mestiere in cui il principio della selezione naturale è inevitabile è come un soffio d’aria fresca.
LEGGO COME UN FONDO DI AMAREZZA NELLE SUE RISPOSTE…
Amarezza, forse. Rassegnazione? Mai.